COS’É IL PET?
Fu brevettato in Inghilterra nel 1941 come polimero per fibre tessili sintetiche e solo parecchi anni più tardi sviluppato come resina per la fabbricazione di contenitori per alimenti. Negli anni, ha assunto importanza rilevante in vari settori ed applicazioni tecnologiche, tanto che oggi è da considerarsi una commodity. Nell’ultimo decennio, i volumi del mercato europeo di PET sono quintuplicati, passando da 300 a 1500 ton/anno, come risulta dal PET Container Recycling Europe. A livello globale, la domanda si concentra per la maggior parte in Cina con una percentuale del 55%. Il PET è il packaging d’eccellenza per molti prodotti, proprio per le sue proprietà fisiche e meccaniche come la trasparenza, l’effetto barriera nei confronti dell’anidride carbonica e la leggerezza.
La lavorazione del PET per la produzione di contenitori per liquidi avviene mediante il processo di ISBM (Injection Stretch Blow Molding), tuttavia il PET è un materiale 8 altamente igroscopico che necessita di un trattamento specifico al fine di garantire la funzionalità. Infatti, i granuli subiscono una deumidificazione prima di poter passare alla plasticizzazione. Altro aspetto importante riguarda lo smaltimento, che generalmente avviene tramite riciclo. Di recente formulazione è l’R-PET, materiale ottenuto dalla granulazione di contenitori riciclati o da scarti. Nell’esperienza di tirocinio si è condotto uno studio preliminare sulle caratteristiche fisico-meccaniche del PET per contenitori e le varie fasi della sua lavorazione. L’attenzione si è quindi concentrata sui parametri processuali, correlandoli ad eventuali difettosità riscontrabili.
Caratteristiche Generali
Il PET è un omopolimero lineare termoplastico, cioè rammollisce con il calore fino a completa fusione e solidifica per successivo raffreddamento.
Simbolo associato al PET secondo la classificazione SPI (Society of the Plastics Industry)
La via più semplice per ottenerlo è l’esterificazione dell’acido tereftalico (PTA) con il glicoletilenico (EG) ed eliminazione di acqua. Industrialmente si può partire, anziché dall’acido tereftalico, dal dimetiltereftalato che è più facilmente purificabile. In questo caso si ha l’eliminazione di metanolo, anziché di acqua.
Segue quindi la polimerizzazione tramite una reazione di policondensazione dei monomeri: a mano a mano che si allunga la catena, il peso molecolare e la viscosità del fuso aumentano. Raggiunta la lunghezza richiesta, il materiale viene raffreddato e ridotto in granuli con diversi sistemi. Si può estrudere il fuso in un bagno attraverso una filiera e quindi tagliare il materiale con lame rotanti, oppure ridurre il polimero ad un nastro semi-solido facendolo colare su un cilindro raffreddato ad acqua per poi tagliarlo in due direzioni perpendicolari. I prodotti o gli scarti di lavorazione possono essere rigenerati e lavorati nuovamente, a meno che non siano stati chimicamente degradati da una sollecitazione termica eccessiva.
Usi ed Applicazioni
Attualmente la resina di PET viene impiegata in diversi settori. L’utilizzo principale riguarda la produzione di contenitori per bevande (66%) e per cibi (8%). Per quanto concerne le norme di sicurezza, la compatibilità del PET al contatto con gli alimenti è sancita da una normativa a livello europeo. Nonostante questo, si continuano comunque ad effettuare indagini per la verifica di eventuali rischi per la salute. Altri esempi riguardano la produzione di film polimerico, tubi, pelli per batterie musicali, etichette (sleeves), vele per imbarcazioni e corde. Nell’ambito sanitario, una delle più recenti applicazioni è la costruzione di vasi sanguigni artificiali.